Chi è il Massone?

Chi è il Massone?



Siamo persone comuni, senza velleità particolari, al di la di ciò che la convinzione collettiva vuole. Studiamo l'uomo, i suoi difetti e i suoi pregi, cerchiamo di conoscere la Verità su ogni argomento, difendiamo la verità e le pari opportunità, difendiamo sempre la giustizia (quella vera) e "lavoriamo" sotto tre insegne: Libertà, Uguaglianza e Fr...atellanza. Dalle nostre Logge è bandito il Classismo (sub-cultura presente in molte altre istituzioni), che non fa certo parte delle nostre logiche di miglioramento dell'Uomo, convinti anzi che lo offenda, sempre e comunque. Ecco chi è il Massone.

La Massoneria non è fatta di miliardari e di benestanti professionisti, ma di normalissime persone.

Solo ed esclusivamente per motivi di opportunità e di tradizione secolare preferiamo non rendere pubblici i nostri nomi.

Per opportunità, perchè è inopportuno, in una società che a priori è contraria al nostro ideale, che si fida di informazioni fin troppo di parte per poter essere credibili, che ha esaltato l'operato di un'inchiesta balorda, sfruttata a fini politici e finita con un'archiviazione che è servita soltanto a creare un database di discutibile legalità su usi, conoscenze ed abitudini di persone normali, unite da ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza. Certo è che il Massone, all'atto della sua Iniziazione, promette solennemente di rispettare le Leggi dello Stato e la Costituzione. Non si fa altrettanto quando ci si iscrive ad un partito politico, a qualunque altra Associazione di quelle che molti definiscono "pure"

Per tradizione secolare, perchè noi, tradizionalmente, preferiamo non uscire allo scoperto, perchè la volontà politica di pochi non deve e non può demolire tradizioni che hanno sviluppato le proprie radici a partire dal 1717. Sta alla libertà di ognuno di noi decidere se dichiararsi o se non dichiararsi pubblicamente Massone.

lunedì 28 febbraio 2011

Le origini della Massoneria


Le domande che hanno assillato l’uomo sin dal primo manifestarsi in lui della coscienza sono: “Chi sono? – Perché sono? – Da dove vengo? – Dove vado?”
Sono questi interrogativi a costituire il Gran Mistero dell’esperienza esistenziale e il princi-pio di ogni “vera conoscenza”. Si può anche – come fa la gente comune – lasciarsi vivere cercando di evadere le angoscianti domande esistenziali nello stordimento degli stadi o nel frenetico e febbrile affannarsi competitivo delle nostre città, ma esse si ripresenteranno inquietanti in quelle circostanze della vita, allorchè l’individuo è costretto a sostare e ripiegarsi su se stesso a riflettere sulla sua condizione.
Il succedersi della vita e della morte, l’esperienza della sofferenza e del male esigerà allora delle risposte soddisfacenti a calmare la sua inquietudine di fronte all’ignoto, per dare un senso alla propria vita. È qui che si sono inserite le Religioni; ed ogni religione ha sempre avuto al suo interno un gruppo ristretto di Saggi in possesso di Conoscenze, di Verità; ma le caste sacerdotali hanno, sin dal loro istituzionalizzarsi in Chiese, impedito che quelle conoscenze e verità di fondo fossero divulgate, onde mantenere sulle masse il loro potere e i loro privilegi. Se all’esterno le religioni hanno mostrato di Dio un loro volto di comodo, v’era tuttavia chi sapeva che Dio è una Legge, o insieme di Leggi; ma, per contenere gli impulsi animali e quindi regolare moralmente e civilmente la vita sociale, hanno invece mostrato un Ente trascendente, personale e creatore dell’Universo.
Purtroppo certi termini, a causa del cattivo uso che ne è stato fatto nel succedersi dei secoli, si sono deteriorati ed hanno svisato il loro vero significato originale. Di fatto anticamente “Chiesa” era sinonimo di “assemblea di saggi” o iniziati (tale infatti il senso originale del termine greco “Ekklesia”). Era accaduto che le Religioni, istituzionalizzatesi in Chiese, sono degenerate ed il Sacerdozio, mescolandosi sempre più agli interessi del mondo, ha finito per mondanizzarsi, per cui da Sacerdozio Iniziatico si è trasformato in Sacerdozio Professionale. La conseguenza inevitabile è che man mano è andato perdendo l’esatto concetto di Dio, il quale tuttavia si identifica perfettamente con il Grande Architetto dell’Universo (cioè il Dio ineffabile che si manifesta a noi nella Natura e che corrisponde con l’ideale più elevato di quel Principio Impersonale e Trascendente che i Massoni designano con il GADU.
Riferita alla nostra Istituzione, che è appunto Fratellanza Iniziatica, la prima domanda che si pone al Massone è conoscere la sua essenza, la sua origine; sapere in altri termini da quali istituzioni e tradizioni la Massoneria trae le sue radici, il suo principio spirituale.
Le origini della Massoneria si perdono infatti nella notte dei tempi; ovverosia in quell’antichissima civiltà preistorica, di cui si sono perdute perfino le vestigia e la memoria.
Essa può quindi ritenersi antica quanto il mondo, in quanto è la depositaria di una tradizione che risale ai primordi della civiltà umana, riallacciandosi ai Misteri pagani e più lontano ancora. Ancor oggi all’interno delle nostre Logge, la simbologia tramandataci dalle antiche scuole misteriosofiche non è che la perpetuazione iniziatica di conoscenze, o meglio di sublimi intuizioni dell’antichissima Saggezza, che si espresse all’inizio della nostra Era nello Gnosticismo, nei Neoplatonici e nel Cristianesimo primitivo.
I primi rituali, basati principalmente sulla tradizione biblica, ci indicano che Adamo fu ini-ziato all’Ordine dell’Eden dal Grande Artefice, cui tutti i riti della massoneria si rifanno, il che ci induce a ritenere che le origini della massoneria si possono far risalire sino alle prime società umane, di cui Adamo è il simbolo, corrispondente appunto alla mitica età dell’Oro della tradizione greco-romana. Possiamo così ritenere a ragione che sin dall’alba della civiltà sia sempre esistito nell’uomo quell’intimo desiderio di progresso, questa profonda aspirazione verso la Verità e il Bene, questo desiderio ad operare saggiamente e rettamente, e la massoneria costituisce l’incarnazione di questo desiderio e aspirazione.
I principi immutabili su cui essa è stata stabilita - e che costituiscono il suo spirito e la sua caratteristica essenziale – non hanno subito variazioni sostanziali da quelle epoche arcaiche sicchè sono rimasti sempre gli stessi, attraverso tutte le sue metamorfosi o espressioni esterne. I segni, i simboli, i gesti, l’intima essenza delle allegorie e il significato delle parole corrispondenti ai diversi gradi hanno sempre mantenuto il loro carattere attraverso una trasmissione ininterrotta, anche se le alterazioni della leggenda (nella sua forma esteriore) possono essere state notevoli, attraverso il mezzo scelto perché idoneo al suo apparato esterno. Malgrado il segreto, che caratterizzò nel passato l’attività dell’Ordine nelle differenziate forme assunte esteriormente, possiamo tuttavia ritrovare alcune tracce che confermano le nostre affermazioni. Nei sacri Templi di ogni epoca e in tutte le religioni, nelle statue, negli ornamenti, nei bassorilievi, nei dipinti, negli scritti che ci sono stati conservati, possiamo scorgere le rappresentazioni simboliche di questa origine lontana; ma perfino nelle lettere degli alfabeti ritroviamo i segni di essenza iniziatica o massonica. Se le due concezioni filosofico-esoterica della Chiesa e della massoneria differiscono nelle loro espressioni exoteriche, in realtà entrambe s’innestano su di un denominatore comune di base cosmica ed hanno origine da una stessa sorgente come erano all'origine comuni i fini. Così nelle Mitologie, nello leggende e tradizioni che costituiscono il folclore letterario e popolare, s’incontrano multiformi tracce dei Misteri Iniziatici, di quella “Parola Perduta” a cui si riferisce la nostra Istituzione tramite il suo insegnamento esoterico rivelato in una forma simbolica. Lo spirito dell'Ordine - che é iniziatico e simbolico - ha avuto in tutti i tempi questa duplice caratteristica, quale che sia stata la forma particolare in cui si é manifestato presso i diversi popoli e nelle differenti epoche della storia. Tutti i popoli infatti conobbero - al di lá dell'aspetto esteriore o formale della religione e delle pratiche sacre - un insegnamento parallelo esoterico che si dava unicamente a coloro che si reputavano moralmente e spiritualmente degni e maturi per riceverlo. L'aspetto esteriore delle religioni - così come lo conoscono i profani - é diretto occultamente dai cosiddetti Misteri (termine che derivò da "Misto", il quale appunto nei Misteri veniva applicato al neofita e che stà a significare "muto o segreto") con evidente riferimento all' "obbligo" del segreto, obbligo che veniva suggellato col giuramento da parte di ogni neofita. E i Misteri esistettero presso tutti i popoli antichi conosciuti, fino all'ora che precedette il sorgere del cristianesimo: in Egitto come in India, in Persia, in Caldea, in Siria, in Grecia, nella Cina e tra gli Indigeni delle Americhe. Se ne osservano tracce nelle curiose cerimonie e usanze delle tribù dell'Africa e dell'Australia, come pure presso le popolazioni cosiddette primitive. Ebbero fama speciale i Misteri di Iside e Osiride in Egitto; quelli di Orfeo e Dionisio, gli Eleusini in Grecia; quelli di Mithra che dalla Persia si estesero con le legioni romane, per tutti i paesi dell' impero. Meno conosciuti, specie nel loro periodo di decadenza e degenerazione, furono quelli di Creta e quelli di Samotracia, quelli di Venere a Cipro, quelli di Tammuz in Siria e molti altri che non hanno lasciato tracce.
Anche la religione cristiana ebbe al suo inizio i Misteri come appare in modo inequivocabi-le dagli scritti dei primi Padri della Chiesa, che insegnarono ai più avanzati dei loro seguaci l'aspetto piu profondo e interiore della religione; del resto così fece lo stesso Rabbi di Galilea, il quale istruì il popolo con parabole, allegorie e precetti morali mentre riservava ad una piccola cerchia scelta di discepoli (quelli disponibili e maturi per tradurli in pratica di vita) l’insegnamento segreto. E l'essenza dei Misteri cristiani é conservata nella cerimonie che costituiscono gli attuali Sacramenti; di fatto già all'inizio esisteva un esoterismo cristiano che formò il fondamento e punto di appoggio della religione Cattolica a cui si sovrapponeva, senza con ciò opporvisi in alcun modo. È certo che certi ordini religiosi non furono nel passato estranei a tale esistenza, che in parte si é mantenuta nell'Ortodossia orientale.
Non così invece la religione Musulmana, come pure il Buddismo e l’antica religione Bra-hmanica che ebbero e tuttora hanno i loro Misteri; esse hanno infatti conservato e tramandato fino ad oggi molte pratiche sicuramente anteriori all'affermarsi di quelle religioni. Ritrovamenti archeologici recenti ci rivelano reminiscenze di antichi Misteri che venivano celebrati dagli Arabi, dai Caldei, dagli Aramaici e dai Fenici, come pure tra le popolazioni dell'Asia Centrale e meridionale. Benchè i nomi differiscano e differiscono piú o meno le forme simboliche, come pure i particolari degli insegnamenti, é caratteristica a tutti la trasmissione di una stessa dottrina esoterica, in gradi distinti e graduali, a misura della maturità morale e spirituale dei candidati i quali in quei tempi lontani venivano sottoposti a prove difficilissime, prima che fossero messi a loro disposizione insegnamenti e strumenti. La dottrina, pur nel susseguirsi delle epoche, è tuttora la stessa, benché si sia rivestita esteriormente, secondo i popoli e i tempi, di forme diversificate (ma sempre analoghe o simili) che di volta in volta è stata più o meno interpretata, più o meno approfondita in conseguenza del deterioramento naturale che le forme e quei determinati strumenti hanno subito, a seguito dei cambiamenti cui le umane vicende inducono.
In pratica ogni insegnamento sorge, si sviluppa, giunge al suo apogeo e poi, allorché il profano viene a mescolarsi al sacro, declina e volge al suo eclissarsi; é avvenuto anche nelle cerchie iniziatiche quel che naturalmente accade a qualsiasi forma a livello umano per suo ineluttabile destino, poiché tutto ciò che sul nostro piano appare - presto o più tardi - deve avere fine, morire, per risorgere in una forma nuova. L’unità di base di tutte le religioni, assieme all’analogia dei mezzi, è prova evidente dell'unitá originaria di tutti i Misteri da una stessa e unica fonte ( = la stessa e unica dottrina ) da cuí emanarono per derivazione o per ispirazione le differenti istituzioni o tradizioni religiose, e le Comunioni Massoniche nella loro forma originale e recente. Questa Dottrina Madre che é stata da sempre la sorgente comune degli insegnamenti più elevati di ogni epoca e popolo, é stata conservata e trasmessa, nel mistero dei Santuari, anche nelle epoche più oscure della storia, a quanti hanno avuto ed hanno "occhi per vedere e orecchi per udire". È appunto la Dottrina Iniziatica che si espresse nei Misteri dell'Oriente, di Grecia, di Roma, degli Gnostici e dei Cristiani; é la stessa Dottrina Massonica che si rivela mediante lo studio e l'interpretazione dei simboli e delle cerimonie cha caratterizzano il nostro Ordine.
È la Dottrina della Luce Interiore dei Misteri Egizi, che si risvegliava nel candidato e si fa-ceva sempre più forte e attiva nella misura in cui egli perveniva alla sua Cristificazione, cioè prendeva coscienza della sua unitá e identificazione con Osiride, il Primo ed Unico Principio dell'Universo. È inoltre e ancora la medesima dottrina della Luce simbolica che i profani vengono a cercare nei nostri Templi, la quale viene realizzata individualmente nella misura precisa mediante la quale l’individuo si svincola ed affranca dall'influenza profana per cercarla nel segreto sino all'interno del suo essere. È la Dottrina della Vita Universale racchiusa nel simbolico chicco di grano dei misteri di Eleusis, che veniva interrato perchè morisse onde rinascere come pianta alla luce del giorno, dopo la sua putrefazione e rinascita, e quindi essersi aperto il cammino attraverso l'oscurità per germogliare in superficie. È la stessa dottrina secondo la quale il candidato essendo passato attraverso una specie di morte simbolica nel gabinetto di riflessione, rinasce ad una nuova vita come Massone e progredisce nei 3 gradi che lo porteranno alla Maestria mediante lo sforzo personale diretto dalle sue aspirazioni verticali. È la dottrina della Redenzione Cristiana conseguita con la fedeltà alla Parola o Verbo Divino (= la nostra Vista interiore o presa di coscienza della Verità) che sorge e si esprime in noi conducendoci secondo l'antica espressione brahamana della Maja o illusione della realtà apparente - dalle tenebre alla luce, dall'ignoranza alla conoscenza salvifica (Gnosi), dalla morte all'immortalità.
È anche la Dottrina del Verbo/Logos, su cui collocare i nostri strumenti di mestiere simbo-lici all'aprirsi dei lavori di Loggia, ossia alla piena manifestazione del Logos. Inoltre, ovunque e comunque, è l’identico insegnamento che si rivela in infinite forme, adattandosi all’intelligenza e disponibilità dei riceventi; una Dottrina segreta o ermetica mediante simboli, parole e allegorie che é intesa solo da coloro che hanno sviluppato la visione interiore; una dottrina di vita che dovrà incarnarsi in noi (= carne della nostra carne, sangue del nostro sangue ) per operare il miracolo della rigenerazione o nuova nascita, costituente appunto il fine dell'iniziazione massonica. II riconoscimento dell'identità fondamentale di questa Dottrina nelle sue multiformi dispensazioni ed espressioni esteriori, della identità di fini e di mezzi universalmente impiegati per adattarla alle differenti circostanze di tempo e di luogo, ci rende evidente l'esistenza di una Gerarchia occulta, una Fratellanza di Saggi o Istruttori la quale è stata - nel succedersi dell’etá - la sua intima, segreta e fedele depositaria, manifestandosi esteriormente in forme analoghe e differenziate secondo la maturitá dei tempi e degli uomini. Le origini di questa Gerarchia occulta di Saggi, designata dagli esoteristi Gran Loggia Bianca e dai cattolici come Comunione dei Santi (e nella Bibbia come Ordine di Melchisedec) è possibile rintracciarle sin dalle prime civiltà umane, di cui questi Maestri - come Re/Sacerdoti - furono rivelatori e condottieri. La loro esistenza è stata e può essere riconosciuta da tutti gli Iniziati, di cui i Maestri si sono serviti e si servono per la realizzazione del loro piano per il nostro pianeta.
Si deve a questa Gerarchia occulta - costituita dai genuini interpreti, depositari e dispensatori della Dottrina Segreta, il primo affermarsi dei “Misteri” e di tutti i culti nelle forme più antiche, così come pure dell'Istituzione Massonica e del resto di ogni movimento progressista e libertario. Guidare e liberare le coscienze dalle tenebre dell'ignoranza e dell’illusione per indirizzarli alla libertà dello spirito é stato ed é la finalità costante di questi Esseri Evoluti, di questi Filosofi Incogniti, e delle loro attività nel mondo.
Ogni Movimento teso ad elevare e liberare l'uomo é - direttamente o indirettamente - ispirato da questa Gerarchia, sempre rafforzatasi man mano che coloro che riescono a liberarsi e innalzare sé stessi realizzano il vero Magistero. Per contro ogni movimento, politico, sociale o occulto, che tende a limitare, intorpidire e addormentare, schiavizzando le coscienze degli uomini, ha la sua fonte e ispirazione dal Demiurgo o Principe di questo mondo, che é poi il movimento di riflusso dell'onda spirituale ( = i Fratelli dei Sentieri della Sinistra). La libertà individuale e il pieno rispetto della stessa é sempre stato ed é la caratteristica del Sentiero di Destra e dell'evoluzione ascendente in opposizione al sentiero discendente della sinistra. A lato delle antichissime istituzioni dei Misteri - protette dai rispettivi regnanti e garantiti da leggi e principi speciali con la sua riconosciuta influenza benefica e moralizzatrice, e istintivamente venerate dalle masse, sorsero in tutto l'oriente e specialmente in India, Persia, Grecia ed Egitto molte comunità mistiche le quali, mentre da un lato possono essere paragonate alle attuali organizzazioni spirituali e ordini monastici, per un altro lato alcune delle sue caratteristiche le ricollegano internamente con la moderna Massoneria. Tali comunitá, alcune delle quali assunsero carattere religioso, nacquero dalla necessità spirituale di organizzarsi in strette cerchie per portare avanti - al riparo dalle condizioni a loro contrarie dell'ambiente mondano - una vita in comune più conforme agli ideali perseguiti e alle interiori loro aspirazioni. Le caratteristiche di queste comunità - che hanno costituito un tratto d'unione col nostro Ordine - si rifanno alla loro duplice finalità, operativa e speculativa, in quanto si dedicarono sia ai lavori ed attività materiali, sia agli studi filosofici e alla contemplazione, come condizione per essere ammessi all'iniziazione. Da ciò la necessità di quei mezzi di riconoscimento ( segni - parole - toccamenti ) che usavano tra loro onde accogliere il viandante iniziato, il quale si faceva così riconoscere come uno di loro, qualunque fosse la sua provenienza e la sua destinazione. Di tali mistiche comunità molto si parla nella biografia di Apollonio di Thiana, quel gran riformatore del primo secolo della nostra Era, che visitò molte di queste comunità trasferendosi da Tempio a Tempio delle diverse religioni, ove sempre trovò ospitalità e accoglienza fraterna, per cui con ognuna di esse divise il pane della Saggezza.
La Comunità che ebbe maggiore notorietà - anche perché presso di loro il Maestro Gesù trascorse molta parte della sua vita onde prepararsi alla sua missione - fu quella degli Esseni. Altrettanto note a quell'epoca furono le comunitá dei Terapeuti dell'alto Egitto e quelle dei Gesinosofi in India. Caratteristica principale dei membri di tali comunità era la spoliazione da attaccamenti, la massima austerità di vita e la pratica della meditazione che - nei suoi aspetti più profondi - rappresenta la più completa spoliazione della mente ( che é appunto la creatrice di ogni iilusione ). Non possiamo passare sotto silenzio - in questa nostra affrettata sintesi sulle origini della massoneria - le grandi scuole filosofiche dell'antichitá: quelle dei Veda in India, la Pitagorica, la Ecclettica o Alessandrina in Occidente, le quali furono le emanazioni dirette e ispirate dei Misteri.
Della prima diremo semplicemente che suo scopo principale era l'interpretazione dei Libri Sacri o Veda, le antiche scritture brhamaniche, opera degli antichi Rishis ( veggenti o profeti ) a carattere sopratutto esoterico con il riconoscimento di un Unico Principio o Realtà Unica dai multiformi aspetti e differenti espressioni. La scuola stabilita da Pitagora fu praticamente una comunità filosofica ed educatrice che ebbe sede in Crotone, nell'Italia meridionale ( a quel tempo chiamata Magna Grecia ) ed aveva un suo preciso ed intimo collegamento con la nostra Istituzione. Lì i discepoli venivano sottoposti ad un lungo periodo di noviziato che puó essere paragonato col nostro grado di "Apprendista". Era loro vietato di parlare e dovevano eseguire costanti pratiche di purificazione onde essere pronti per stati successivi d’illuminazione, ove era loro finalmente permesso di rompere il silenzio; stato che trova la sua chiara analogia con il nostro grado di "Compagno", mentre lo stato di perfezione si ricollega con il grado di "Maestro". La scuola di Pitagora ebbe una rilevante influenza anche nei secoli successivi, sicché molti movimenti e istituzioni sociali nacquero dall'ispirazione del Maestro, il quale non lasciò nulla come sua opera diretta, in quanto il suo era un insegnamento di vita per cui preferiva inculcare i suoi insegnamenti nelle menti e nei comportamenti dei suoi discepoli, anziché confidarli agli scritti considerandoli come lettera morta. Esiste un antico documento massonico in cui si attribuisce a Pitagora il merito di aver introdotto le tradizioni massoniche orientali nel mondo occidentale greco-romano. Della scuola Platonica, e dei suoi collegamenti con gli insegnamenti massonici, ci sembra sufficiente far menzione dell'iscrizione che si trovava nell'atrio di quella Accademia: " Che nessuno qui entri se non conosce la Geometria", allusione evidente alla natura matematica del Primo Principio, come pure al Simbolismo geometrico (o costruttivo) che ci rivela l'intima natura dell'universo e dell'uomo e della sua evoluzione. La filiazione diretta di queste scuole nei Misteri si evidenzia nel fatto che Platone, come Pitagora e tutti i grandi filosofi di quei tempi, furono iniziati nei Misteri di Egitto e di Grecia (o in entrambi ) anche se i riferimenti sono molto scarsi, essendo allora ogni violazione al segreto iniziatico punita dalle leggi civili anche con la morte.
Della scuola Eclettica, o neoplatonica di Alessandria di Egitto, va messa in rilievo la dupli-ce caratteristica della sua origine e della sua finalità, essendo sorta dalla convergenza di differenti scuole o tradizioni filosofiche, iniziatiche e religiose, quale sintesi e combinazione delle stesse, considerate da quel punto di vista interiore ove si rivela la comune base unica. II tentativo di unificazione di scuole e tradizioni differenti per farne risaltare l'Unitá delle Dottrine in esse racchiuse, fu rinnovato alcuni secoli più tardi da Ammonio Sacco, il quale fece un rilievo, il principio costante ed universale, che caratterizza gli autentici iniziati di ogni epoca e luogo. Direttamente collegata con la scuola Eclettica alessandrina fu la tradizione, o Scuola Gnostica del cristianesimo, a suo tempo considerata eretica dalla chiesa di Roma e, in ragione di ciò, perseguitata e poi dispersa. Lo Gnosticismo si sforzò di fatto di conciliare e fondere - almeno fin dove era possibile - il Cristianesimo allora nascente con le religioni e tradizioni iniziatiche più antiche, col fine di sostituire al dogma (dottrina ortodossa che impone una accettazione incondizionata delle stesse come "atto di fede") la Gnosi (conoscenza o comprensione che porta alla Dottrina Interiore).
Secondo questa scuola il Vangelo come pure tutte le sacre scritture e insegnamenti religiosi, deve essere interpretato nel suo significato esoterico, cioé come espressione simbolica e presentazione drammatica di Verità Spirituali. II Cristo, anziché una attribuzione personale del Gesù storico dei cristiani, sarebbe la conoscenza o penetrazione spirituale della Veritá (= stato di coscienza), che sorge e si sviluppa in ogni iniziato, che perció stesso diviene il suo autentico "Cristoforo" ossia "cristiano".
II nome stesso "Gesù" non sarebbe in realtà che il nome simbolico di questo Principio salvifico nell'uomo, principio che ha il potere di portare l'individuo "dall'errore alla verità" e dalla morte alla resurrezione. La stessa Fede (Pistis) era considerata come semplice preparazione per pervenire alla Gnosi, anziché passiva accettazione di qualsiasi affermazione dogmatica, presentata come Verità Rivelata. Senza tener conto delle interpretazioni posteriori, si può ben dire che il Vangelo, le Epistole e l'Apocalisse di Giovanni rivelano abbastanza sufficientemente un fondo gnostico (la stessa dottrina o tradizione gnostica conosciuta da molti studiosi é stata portata avanti dai discepoli o se-guaci di Giovanni); e questa tradizione gnostica, o Johannita, rappresenta nel cristianesimo il punto di contatto piú diretto con la Massoneria. Le antiche Tradizioni Orientali ed ermetiche trovano nella Cabala e nell' Alchimia due correnti che non furono certamente estranee al sorgere della Moderna Massoneria. La Cabala (dall'ebraico qabbalah) rappresenta la Tradizione Sacra degli Ebrei che si riallaccia alle antiche tradizioni caldea, egizia e orientale. Si tratta di una dottrina esoterica su Dio e l'Universo, basata appunto su un’antichissima rivelazione, trasmessa attraverso un'ininterrotta schiera di Iniziati (da bocca ad orecchio). La Cabala (nel senso dottrinale-esoterico si trova scritto anche Kabbala) fu uno dei risultati del travaglio religioso e morale degli Ebrei durante i due secoli che precedettero l'avvento del Cristianesimo e prese vera forma sistematica verso il XIV° secolo). La dottrina, cui non sono da escludersi influenze delle scuole neopitagoriche a sfondo panteistico, si può così sintetizzare: tutto ciò che siamo, tutto quel che ci circonda é il risultato di un grande processo in cui si manifesta Dio stesso. Per quanto di per sé inaccessibile allo spirito umano, Dio si rivela attraverso le Sefirot (o emanazioni) quali la bellezza, il potere, lo splendore, la giustizia, ecc.. L’anima, che preesiste alla nascita dell'uomo, é composta di due elementi - il maschile e il femminile - e questi elementi, che sulla terra sono innaturalmente separati, cercano di ritrovarsi per potersi ricongiungere e ricostituire l'Unità originaria. In tale incessante ricerca essi trasmigrano di corpo in corpo; e solo quando tutte le anime avranno compiuto il loro pellegrinaggio terrestre, scenderà il Messia ("colui che viene nel nome del Signore”) per dare l'avvio ad un'Era di felicità (= il Regno dei cieli sulla terra). È uno studio basato essenzialmente sul valore mistico e magico dei numeri e delle lettere dell'alfabeto ebraico, in rapporto con i principi numerici e geometrici, che racchiudono in sé molti altri significati metafisici e spirituali, da cui si evidenzia l'intimo collegamento e l'unità di tutte le Religioni. Alcuni critici moderni rifiutano di riconoscere l'antichità delle correnti cabalistiche presso gli Ebrei, ma generalmente é ammessa la sua esistenza sin dalla cattività loro in Babilonia, che la ricollegherebbe alle dottrine dei Magi caldei. Le più antiche esposizioni della Cabala che si conoscano sono quelle contenute nel Sefer Je-tzira (o Libro della Creazione) attribuito generalmente al rabbir Akiba. Si divide in due parti, la prima - le trentadue vie della saggezza - ha lo scopo di descrivere l'Essere in se, ossia di dimostrare come l'Essere virtualmente illimitato passa allo stato di essere limitato concreto; la seconda descrive gli sviluppi dell'Essere al di fuori di se stesso, che vengono ulteriormente descritti nel Se-fer ha-Zohar (o Libro dello Splendore, raccolta di 19 opere di titolo, epoca e autore diversi, tutti scritti in aramaico).
I cabalisti ritenevano che la dottrina fosse contenuta allegoricamente nella Bibbia (special-mente nei primi capitoli della Genesi: nella Visione di Ezechiele e nel Cantico dei Cantici) e che fosse possibile esplicarla attribuendo un senso esoterico e divino non ad ogni parola, ma ai singoli segni alfabetici rappresentanti appunto una lettera e un numero. Particolare importanza inoltre viene nella Cabala data alle Parole Sacre e ai Nomi Divini, ai quali vengono attribuiti dei poteri che divengono operativi mediante la loro corretta pronunzia; credenza questa che era del resto condivisa da tutte le antiche tradizioni e in particolar modo dalle correnti filosofiche dell'Oriente ove il Suono (= Verbo), è ancor oggi considerato come un aspetto stesso della Divinità. Il pensiero filosofico-religioso contenuto nella Cabala esercitò nei vari secoli della storia un notevole influsso nello spirito umano ed ebbe cultori in personaggi come Filone, Avicenna, Raimondo Lullo, Pico della Mirandola, Paracelso, Reuchlin e moltissimi altri ancora. E, come dall'Oriente Asiatico sono derivate le dottrine cabalistiche, all'Egitto e alla Tradizione ermetica ( di Hérmes Trimegisto o Thoth, il fondatore tradizionale dei Misteri Egizi ) si fa risalire l'Alchimia (termine arabo inteso ad indicare la sostanza unica di cui é fatta tutta la manifestazione) di coloro che amarono designare se stessi con l'appellativo di “veri filosofi". II senso comune dell'aggettivo "ermetico" può darci un'idea della "segretezza” con cui gli Alchimisti celarono la vera natura dei loro misteriosi lavori. Non deve perciò meravigliarci se la maggior parte della gente abbia sempre ritenuto che il loro principale obiettivo fosse quello di arricchirsi mediante la fabbricazione artificiale dell'Oro a mezzo della "pietra filosofale", che avrebbe avuto il potere di trasformare il piombo in oro, oltre a prolungare la durata della loro esistenza, liberandoli da qualsiasi infermità corporale mediante un’elixir contenente una miracolosa “panacea”. Dai vari autori viene fatto derivare il termine Alchimia in modo differenziato Al e Chemi, fuoco, o il Dio o Patriarca Kham; Ul-Khemi, cioè chimica della natura; Kem, la nera terra d'Egitto bagnata dal Nilo e anche l'arabo al-Kimiya derivante a sua volta dal greco chemia che significa letteralmente mescolare, e anche chemeia (da chumus = succo e linfa) cioè sugo estratto dai vegetali. Sintetizzando i vari significati, direi che il termine Alchimia comprende l'insieme delle speculazioni e dei vari tentativi che attraverso lo studio delle trasformazioni della "sostanza", basate sull'assunto aristotelico dell'unica materia - mirava a trasformare i metalli mediante la Pie-tra Filosofale e a perfezionarli, e in particolar modo la materia umana onde renderla incorruttibile a mezzo dell'elixir di lunga vita e della panacea dell'eterna giovinezza. In pratica l'Alchimia tratta delle forme più sottili della Natura e delle diverse condizioni in cui esse operano, ma sotto il velo di un linguaggio astruso si voleva comunicare ai non iniziati quella porzione di "Mysterium Magnum” che può darsi in mano ad una massa ignorante ed egoista senza rischi, e che tuttavia può indurre i più maturi alla ricerca. Il più antico trattato di alchimia che é pervenuto sino a noi é quello di Zòsìmo che visse nel quarto sec., a cui fa seguito quello di Enea Gaseus del 480 d.C., e successivamente tanti altri; tutti coincidono sul porre come principio l'esistenza di un certo "dissolvente universale", a mezzo del quale tutti i corpi compositi si risolvono nella sostanza omogenea della quale furono prodotti, so-stanza a cui si da simbolicamente il nome di "oro puro" come materia somma. Questo dissolvente, detto anche "mestruo universale" possiede la virtù di espellere dal corpo umano ogni germe di disarmonia o corruzione, prolungando in tal modo indefinitivamente la vita e a mantenere la giovinezza.
Ora l'alchimia può essere considerata sotto tre differenti aspetti, ognuno suscettibile di di-versificate interpretazioni: il cosmico, l'umano e il terrestre. Si tratta di tre metodi, rappresentati rispettivamente dalle tre seguenti proprietà alchimiche: zolfo, mercurio e sale. I vari autori parlano ciascuno sia di tre, che di sette, che di dieci, e perfino di dodici operazioni, anche se poi tutti sono concordi nell'affermare che uno solo é il fine, cioè quello di trasmutare in “oro puro” qualsiasi "metallo vile". Ma quel che si intenda lì per "oro" pochi sanno; eppure tutti possono constatare che in natura effettivamente esiste (nelle viscere della terra) una lenta ma irrefrenabile maturazione dei metalli che li porta tutti alla fine alla loro perfezione o compimento: l'oro. Però questo é solo un aspetto dell'Alchimia, cioè quella terrestre o materiale, quella appunto che si svolge nelle viscere della terra a fronte della quale si hanno a livello umano procedimenti psichici e spirituali.
È così che l'alchimista, il quale riesce a cogliere il senso vero della trasmutazione dei metalli, non tiene in nessun conto l'oro delle miniere e pone tutta la sua attenzione, concentrando tutti i suoi sforzi e aspirazioni, nella trasmutazione del suo qua……..io inferiore nella divina sua trinità superiore onde alla fine si fondano in una sola Unità completa e perfetta. I piani spirituali (mentale, psichico e fisico) dell'umana esistenza sono in Alchimia paragonati ai quattro elementi (fuoco, aria, acqua e terra) ed ognuno di essi é suscettibile di una triplice costituzione: fissa, variabile e volatile. Purtroppo ben poco conosciamo circa l'origine di questo ramo arcaico dalla filosofia, ma non v'é dubbio che essa sia anteriore a qualsiasi mitologia nota in quanto si ricollega con le forze personificate della natura stessa. Secondo la tradizione esoterica il vero segreto della trasmutazione (sul piano fisico) era conosciuto sin dalla più remota antichità, e sarebbe andato perduto prima del sorgere del cosiddetto periodo storico. L'alchimia fu introdotta in Europa per la prima volta da Geber, il grande saggio e Filosofo arabo nell'ottavo secolo; ciononostante risulta che essa era conosciuta e praticata già molti secoli prima in Cina, in India e in Egitto. Numerosi papiri e vari antichissimi manoscritti - che sono stati esumatiti e conservati con il termine generico di "ermetismo" dimostrano che era lo studio preferito dei Sacerdoti e dei Re. Circondata di mistero, coltivata da Saggi illuminati e da ciarlatani il-lusi, l'Alchimia é la progenitrice della moderna chimica, basata sull'assioma ermetico che nell'universo non esiste che un solo ed unico elemento essenziale. In effetti l'Alchimia é l'Arte secondo cui tutte le cose composite non soltanto possono essere scomposte e ricomposte (come si fa appunto nei laboratori della chimica) ma possono altresì cambiare la loro natura per elevarsi ad un livello di natura superiore, come pure di cambiarne una in un'altra. Infatti tutte le cose esistenti hanno una triplice natura, di cui la loro forma apparente o materiale obiettiva é soltanto la manifestazione o espressione inferiore. V’é così, ad esempio, un oro spirituale, non materiale; un' oro astrale, etereo-fluido e invisi-bile; e un oro terrestre, solido e visibile. I due primi, per cosi dire, sono lo spirito e l'anima del terzo (l'ultimo); cosicché impiegando i poteri spirituali dell' anima possiamo produrre cambiamenti per creare le condizioni onde quelli possano manifestarsi allo stato visibile e materiale. In realtà certe condizioni esteriori possono aiutare i poteri dell’anima e dello spirito a rendersi immanenti; e senza questi ogni manipolazione diverrà inutile. In ragione della triplice natura dell’esistente, l’alchimia appunto può essere studiata e praticata a tre stadi diversi: nel suo aspetto superiore, essa persegue la rigenerazione dell’uomo/spirito, a mezzo della purificazione della mente e della volontà e della dignificazione di tutte le facoltà umane; nel suo aspetto più basso tratta delle sostanze fisiche, ove abbandonando il regno dell’anima vivente si discende alla materia morta sicché l’arte alchimica diviene scienza chimica. La vera alchimia insomma è l’esercizio del magico potere della libera volontà spirituale dell’uomo e proprio a causa di ciò non può essere praticata che da coloro che sono rinati in spirito. Sono moltissimi ad accusare gli alchimisti da impostori e ciarlatani, e sicuramente ve ne sono stati in ogni epoca, ma in verità in quei casi non si trattava né si tratta di alchimisti autentici, ma dei cosiddetti “soffiatori”; è però certo che uomini come Bacone, Agrippa, Kunrath tanto per citarne alcuni non possono essere considerati ciarlatani se si considera quello che hanno rappresentato nella storia dell’umanità. Vero è, lo ripetiamo, che i procedimenti alchimici possono essere utilizzati con esito positivo soltanto da chi è alchimista per vocazione o per sua maturazione spirituale. I Massoni – quale che sia il loro grado – non possono fare a meno di identificare nella mistica “lapis philosophorum” degli Alchimisti una particolare qualità, uno stato di purezza, affinamento e perfezionamento della loro Pietra Grezza, il cui sgrossamento e livellamento è il loro principale impegno.
Se poi ci soffermiamo a considerare il simbolico “segreto” in cui si svolgono i lavori mas-sonici per celarli allo sguardo dei profani, non può certo sfuggirci che, al di là dell’aspetto materiale e simbolico, i veri sforzi e l’aspirazione di tutti gli autentici alchimisti erano e sono tuttora finalizzati verso obiettivi essenzialmente spirituali. Di fatto la “Pietra Filosofale” non è altro che la conoscenza della verità (la Gnosi perenne) che da sempre ha esercitato un’influenza trasmutatoria e nobilitante sulla mente di chi la contempla e di conseguenza si ristruttura “a sua immagine e somiglianza”. E soltanto a mezzo di questa conoscenza, che è “realizzazione spirituale”, possiamo realmente convertire le imperfezioni, le passioni e le qualità meno nobili e inveterate dell’uomo in quella perfezione ideale, di cui l’oro è il simbolo più adeguato. In quest’ottica è relativamente facile comprendere perché gli alchimisti usavano un linguaggio così misterioso riferendosi ai loro lavori, e come fosse proprio la stessa personalità umana l’atanor mantenuto al calore costante di una fiamma durevole in cui si svolgevano tutte le operazioni della loro Arte. E’ dunque la Grande Opera degli Alchimisti, che i veri Massoni perseguono nei loro simbolici lavori, a mostrarci con sufficiente evidenza una identica finalità comune a tutte le Scuole Iniziatiche – sia nel senso mistico di realizzazione individuale come in una giusta e illuminata azione sociale – che ha comunque per scopo il miglioramento, l’elevazione e il progresso di ogni uomo e di conseguenza dell’umanità tutta. Le tradizioni ermetiche orientali trovarono in Occidente anche altri canali per esprimersi e manifestarsi durante il Medio Evo e all’inizio della Era moderna nelle varie Fratellanze ed Ordini mistici e segreti - anche se apparentemente con diversificate finalità esteriori – che sorsero un po’ ovunque, e tutte ricollegatesi intimamente con la Tradizione Iniziatica Una, in quanto tra loro legate da un identico orientamento di base ed un unico fine ideale. Tra questi movimenti, i due più conosciuti e che più hanno influenzato la Massoneria – oltre gli Alchimisti di cui si è fin qui parlato – sono senza alcun dubbio l’Ordine del Tempio, che ebbe il suo apogeo nel secolo XIII°, e la Fraternità Rosacroce, la quale influenzò tutte le varie correnti iniziatiche, in modo particolare nel secolo XVII°. L’Ordine del Tempio nacque dalle Crociate e dal contatto che si stabilì, durante il loro svolgersi, tra i cavalieri venuti dall’Occidente e le comunità mistiche orientali, depositarie delle tradizioni esoteriche di quelle popolazioni. Come Ordine fu fondato nel 1118 da due cavalieri francesi, Ugo de Payns e Goffredo di St. Omero con lo scopo precipuo di attendere alla protezione dei pellegrini in Terrasanta contro gli eventuali attacchi degli infedeli. Ad essi ben presto si aggiunsero altri cavalieri, come loro votati a Dio e preoccupati del bene della Chiesa. Inizialmente essi erano solo nove e, avendo deciso di vivere in comune, presero il nome di “Poveri Cavalieri del Cristo” adottando le regole di Sant’Agostino, ossia le norme dei regolari canonici. Essi pronunciavano i tre voti ordinari nelle mani del Patriarca di Gerusalemme e con un quarto si impegnavano a difendere i pellegrini nelle persone e nei beni, il che li distinguerà da al-lora dagli Ospitalieri, votati esclusivamente all’assistenza dei poveri e dei malati. Dal 1128, a reclutamento effettuato in brevissimo tempo, il loro numero era cresciuto a dismisura, sicché il Re e il Patriarca di Gerusalemme – presi da ammirazione per questi nobili uomini (cavalieri) che avevano abbandonato ogni cosa per il Cristo – fecero a gara ad offrire loro proprietà e benefici. E poiché essi non avevano chiesa o dimora che loro appartenessero, il Re li alloggiò nel suo palazzo vicino al Tempio di Salomone, per cui essi cambiarono la propria denominazione in quella di “Cavalieri del Tempio”. Ugo de Payns, il loro Gran Maestro, era stato discepolo di San Bernardo, col quale era rimasto in contatto epistolare, e fu lui appunto a rivolgere pressanti istanze al Pontefice, che decise di riunire il famoso Concilio di Troyes, che rese ufficiale la loro posizione. Così l’Ordine dei Poveri Cavalieri del Cristo divenne il ricco e temuto “Ordine del Tempio”. Nel 1148 il Papa, unitamente ai tanti privilegi ed onori loro accordati già, assegnò loro come segno distintivo un mantello bianco con sopra cucita, all’altezza del cuore, una croce vermiglia. Intanto l’Ordine religioso-cavalleresco del Tempio, essendosi ormai ingrandito ed arricchito in seguito alle tante donazioni e lasciti, era giunto a possedere tutta una serie di fortezze in Palestina; e, grazie alla loro forza politica e militare, i Templari finirono per diventare i banchieri dei pellegrini. Anzi una banca privilegiata, molto più indipendente degli stessi poteri temporali, in quanto facevano capo unicamente al Pontefice. Era avvenuto così che, spentasi a poco a poco l’originaria ispirazione religiosa, l’Ordine finì per trasformarsi addirittura in una potenza economico-politica attivamente inserita nelle lotte feudali e talvolta con i Sovrani.
Quando i cristiani dovettero abbandonare la Terrasanta, i Templari ripiegarono su Cipro; delle loro numerose sedi, o “Templi”, in Occidente particolarmente imponente divenne alla fine del XIII° secolo il Tempio di Parigi, cui lo stesso Re di Francia faceva costantemente ricorso per prestiti di denaro. Fu appunto il Re di Francia, Filippo il Bello, che nel 1307 – nell’intento di impadronirsi delle ricchezze dell’Ordine – decise di distruggerlo per cui indusse l’allora Papa Clemente V° a iniziare un’inchiesta sui suoi membri, accusandoli di crimini infamanti; e poi, senza attendere la decisione del Pontefice, fece arrestare di sorpresa 138 templari il 13 ottobre di quell’anno. Con il concorso dell’Inquisizione questi furono interrogati e costretti, sotto tortura, a confessare di praticare il culto di un idolo denominato Baphomet, di sputare sul Crocefisso nei riti di ammissione all’Ordine, di avere l’obbligo di praticare la sodomia, ecc. Papa Clemente, dopo aver protestato per l’irregolarità del processo, finì per cedere alle pressioni del Re e il 3 aprile 1312, con la Bolla “Vox in excelso”, soppresse l’Ordine e nel novembre dello stesso anno affidò il nuovo processo ad un Tribunale presieduto da tre Cardinali, il quale condannò i Templari alla prigione perpetua. Ma, poiché il Gran Maestro di allora dell’Ordine (Giacomo de Moley) e cavalieri protestavano, ritrattando le confessioni rese in precedenza, furono tutti condannati al rogo nel maggio 1314, ma non per i crimini non provati bensì come “relapsi”. I beni dei Templari furono devoluti agli Ospitalieri, ma Filippo il Bello si impadronì dei beni mobiliari, cedendo agli Ospitalieri gli immobili solo dopo averne ricavato il massimo guadagno. Davanti alla Cattedrale di Notre Dame de Paris fu quindi portato a termine l’infame patto tra potere temporale e potere spirituale con l’atroce e barbaro rogo dei Templari. Anche il movimento filosofico, conosciuto col nome di “Fraternitas Rosae Crucis”, ebbe origine dal contatto dell’Occidente con l’Oriente e con le tradizioni esoteriche che laggiù avevano potuto conservarsi più liberamente e quindi più fedelmente. Il nome di “Rosacroce” fu dato per la prima volta ai discepoli di un saggio Adepto chiamato Cristian Rosenkreuz che visse in Germania nella seconda metà del quattordicesimo secolo e che avendo viaggiato già molto giovane a lungo attraverso la Turchia, l’Arabia e l’Egitto aveva ricevuto la rivelazione di molto importanti segreti e conoscenze, che portò con sé in Germania ove fondò la Fraternità destinata a riformare l’Europa. La storia dell’Ordine dei R+C è narrata in quel misterioso libello “Fama Fraternitatis” diffuso prima (1614/15) nei paesi tedeschi e poi tradotto in tutti gli idiomi del mondo. Dopo la sua morte, il mistico fondatore dell’Ordine fu sepolto segretamente in una tomba preparata espressamente per lui, tanto che avrebbe dovuta rimanere sconosciuta agli stessi membri della Fraternità, finché fu casualmente scoperta; e sul frontone del sepolcro si poté allora leggere quest’iscrizione: “POST CXX ANNOS PATEBO”. Questa storia, assieme ai segreti e alle meraviglie che si trovarono nella tomba, è evidentemente simbolica, propria della tradizione iniziatica, impersonata qui appunto da Cristian Rosenkreuz, il quale venne dall’Oriente all’Occidente; e si è conservata gelosamente nella sua tomba “ermetica”, ove sempre la cercano e la trovano i veri suoi seguaci (emuli), ovverosia i fedeli ricercatori della “Verità”. Con riferimento all’influsso che questi due movimenti hanno avuto sulla costituzione della Liberia Massoneria, è inconfutabile che non solo molte tradizioni templari e rosacruciane vi trovano il loro evidente punto d’incontro, tanto da designare alcuni gradi dell’iniziazione massonica, ma che il nostro sodalizio divenne all’origine sua il fedele interprete e l’erede legittimo delle loro finalità ideali.
E come la Grande Opera costituisce l’obiettivo delle varie tendenze (ermetiche – templari – rosacroce e degli autentici “Filosofi” che in ogni tempo e sotto ogni cielo hanno fraternizzato con i Massoni) così dalla loro Comunione spirituale è nata la Massoneria Moderna. E’ del resto noto nell’ambito iniziatico come, fino ad alcuni decenni fa, la Società Rosicruciana in Anglia fosse riconosciuta come Ordine Massonico, che aveva adottato la qualifica di “Membro esterno” della Libera Massoneria mondiale; e come la “Chabrath Zereh Aur Bokher (o Ordine della Golden Down)” fosse uno schema completo di Iniziazione nella Cabala e nella Magia Superiore di tipo occidentale, o ermetico, la quale può essere considerata una discendenza diretta della Fraternità dei Rosacroce nel Medio Evo, che a sua volta discendeva dai misteriosi Egizi. Possiamo dunque considerare queste Fratellanze e movimenti come una specie di anima multiforme dello Spirito Uno della Tradizione Universale, che si è trasmessa senza alcuna interruzione sino a noi, dagli Antichi Misteri. Così, per quel che si riferisce al suo “spirito iniziatico”, come pure alla “tradizione” che ne è l’anima (e di cui è l’erede e la continuatrice), l’origine della nostra Istituzione non potrebbe essere più gloriosa, essendo noi Massoni gli eredi degli antichi Re-Sacerdoti (che hanno il loro simbolo più appropriato in Melchisedek e Salomone) e dei Grandi Iniziati di tutti i tempi.

Cagliostro e i segreti della massoneria egiziana



Giuseppe Balsamo, detto Alessandro, conte di Cagliostro, nacque il 2 giugno 1743. Il 27 dicembre del 1789, il papa Pio VI ordinò il suo arresto. Dopo un processo truccato e quarantasette interrogatori, il 7 aprile 1791, Cagliostro fu condannato al carcere a vita. Sulla piazza Minerva di Roma, si bruciarono solennemente le insegne massoniche ed i libri confiscatigli. Rinchiuso il 21 aprile nella fortezza di San Leo (vicino a Rimini), vi trascorse il resto della vita in orrende condizioni, relegato in una segreta denominata Il Pozzetto, una sorta di pozzo o fogna. Vi morì il 26 agosto del 1795, due anni e mezzo prima dell’arrivo delle truppe francesi che fecero saltare la fortezza di San Leo. Cagliostro era l’ultima vittima dell’Inquisizione. Per subire un tale martirio, quest’uomo doveva essere alquanto imbarazzante. Sicuramente l’aspetto politico è da tenere in considerazione. Nella sua Lettera al popolo francese, annunciava la distruzione della Bastiglia, la convocazione degli Stati Generali e l’abolizione delle lettere con sigillo reale recanti un ordine di imprigionamento o di esilio. Ma, con il suo rito, Cagliostro rendeva accessibili degli insegnamenti fino ad allora riservati ai cenacoli più ristretti. Nel 1764 e 1765, a Messina, sarebbe stato iniziato all’alchimia da un Armeno o da un Greco. Nel 1766 e 1767, avrebbe praticato quest’arte a Malta. Dal 1770 al 1780, percorse l’Europa centrale e settentrionale. A Mitau (Courlande), nel 1778, dimostrò la sua padronanza nella cristallomanzia (veggenza nell’acqua magnetizzata di una caraffa con l’assistenza di bambini dai cinque ai sette anni). Nel 1778, 1779 e 1783, ebbe contatti con il benedettino ed alchimista Don Pernéty. La Massoneria di Rito Egiziano(Fino all'unificazione con il Rito Orientale di Memphis nel 1881)Cagliostro crea il Rito Egiziano Il 24 dicembre 1784, Cagliostro inaugura il rito della «Alta Massoneria Egiziana» nel quadro della Loggia Madre La Sagesse Triomphante di Lione. Questo rito è composto di tre alti gradi, poiché riceve come Apprendista Egiziano i maestri eletti provenienti da altri riti. Questi vengono ricevuti come Apprendisti Egiziani, poi Compagni Egiziani ed infine come Maestri Egiziani. Questo rito culminava in visioni talvolta accessibili a tutti i membri presenti. A Lione, disponiamo di testimonianze su guarigioni e manifestazioni di ogni sorta: J.B. Delorme fu guarito da una malattia incurabile, delle evocazioni furono organizzate alla presenza del Duca di Richelieu. Il fantasma di Prost de Royer, già Venerabile della loggia « La Bienfaisance» apparve e fu riconosciuto dai membri di quella loggia.Perché «Egiziano»?Per capire bene ciò che seguirà, devo spiegare cosa significa la parola «Egiziano».Leggendo questa parola, non dobbiamo pensare all’Egitto dei faraoni. Per Cagliostro, il suo Rito è egiziano in quanto si riferisce all’Egitto Copto, all’Egitto dei primi cristiani. Tant’è che Cagliostro si farà nominare «Le Grand Cophte», essendo «Cophte» la grafia della parola «copto» nel VIII° secolo.Qual è l’obiettivo del Rito Egiziano?Il Rito Egiziano di Cagliostro ha come obiettivo quello di favorire presso quelli che lo praticano una rigenerazione dell’intero essere, anima e corpo.Ai nostri giorni, quando parliamo di «trasformazione», di «evoluzione», intendiamo un cambiamento nella nostra psicologia. Di conseguenza, non possiamo più comprendere ciò che insegnavano i primi cristiani, gli antichi alchimisti o i massoni di Rito Egiziano. In quanto l’obiettivo di tutti questi ricercatori era una trasformazione integrale dell’essere umano. Per loro, non vi era separazione tra il corpo e l’anima. Anima e corpo erano come le due facce della stessa medaglia. In origine, avevamo un corpo di lucePer una migliore comprensione, torniamo alle origini. Nel giardino dell’Eden, Adamo ed Eva erano dotati di un corpo di luce, inalterabile. Questo corpo non era soggetto alla malattia ed alla morte. Poi Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso. Il loro corpo di luce si cristallizzò, s’indurì. Dallo spirituale, Adamo ed Eva passarono al biologico. La Bibbia dice che furono rivestiti di abiti di pelle.Nel Rito Egiziano, i massoni sono rivestiti di un abito bianco. Come l’alba nel cristianesimo, questa veste rappresenta il corpo di luce delle origini. Ma tutti i massoni, a qualunque rito appartengano, hanno anche un grembiule di pelle. Per Cagliostro, questo grembiule è un richiamo all’abito di pelle di cui il nostro corpo di luce è rivestito.Enoch ed Elia ci hanno preceduti su questa ViaDurante la Trasfigurazione, il Cristo è apparso agli apostoli nel suo corpo di luce. Un corpo che gli addetti chiamano «Corpo Glorioso». Questo corpo è il corpo immortale delle origini. Non è l’appannaggio di Gesù. In quanto anche Enoch ed Elia erano ripassati dal biologico allo spirituale. Anche loro sono «saliti» al cielo senza passare attraverso la morte. Per questo motivo, Cagliostro pone il suo Rito Egiziano sotto il loro patrocinio.I primi cristiani insegnavano i metodi di divinazione, che consentivano di ripassare dal biologico allo spirituale. Quegli insegnamenti sono stati conservati dalla Chiesa Ortodossa orientale. Ma sono anche stati ritrovati e conservati dagli alchimisti. Ed è da loro che Cagliostro li ha ricevuti.Come ritrovare la nostra divinità?Il programma di lavoro dei massoni del Rito Egiziano si divide in due tappe. Queste due tappe sono precedute da una lunga fase di preparazione. La prima tappa si riferisce alla rigenerazione «morale», ossia psicologica e spirituale; La seconda tappa ha come fine la rigenerazione del corpo. Questa fase può essere intrapresa quando è terminata la prima. Cagliostro si riallaccia al primo ritiro di Mosé descritto in Esodo (36, 12-18). - Cagliostro si riallaccia al secondo ritiro di Mosé descritto in Esodo (34, 27-28) ed in Deuteronomio (9, 18-25 e 10, 10). Similmente ai ritiri effettuati da Mosé, ciascuna di queste due tappe si svolge in quaranta giorni.La preparazioneAffinché le due tappe riescano, l’iniziato deve vivere secondo un’etica irreprensibile. Gli alchimisti direbbero che l’uomo deve ammorbidire la pietra prima di lavorarla. I mistici insegnavano che il cuore deve essere aperto. Il fallimento è assicurato per gli orgogliosi, i cupidi e gli egoisti. L’iniziato deve prendere tre misure immediate:• Adottare e rispettare le leggi del paese in cui si trova;• Amare il prossimo, aiutarlo, essere caritatevole verso di lui;• Dedicare tre ore al giorno alla pratica della preghiera.Per estensione, deve aver ricevuto l’assicurazione di essere ormai amato da Dio. A questo provvede la preghiera.La prima tappa: l’evocazione degli angeliCosì preparato, l’iniziato deve ritirarsi per quaranta giorni. In un luogo solitario, deve ri-centrarsi, non lasciarsi distrarre dai suoi pensieri. Deve vivere in stato di preghiera permanente. I massoni che conoscono i segreti alchemici del loro Rito direbbero che deve trovarsi nella «Camera di mezzo» o al «centro del cerchio». L’iniziato dedica la sua giornata ai riti e alle preghiere.La Bibbia ci indica che esistono sette grandi angeli. L’obiettivo della prima quarantena è l’ottenimento di un contatto con ciascuno dei sette angeli. Questi sette angeli comunicano al nostro uomo il mezzo per entrare in contatto personale con loro. Questi angeli lo guideranno e l’aiuteranno a diventare moralmente e spiritualmente perfetto.Possono trascorrere degli anni per completare questa prima rigenerazione. Se l’uomo dovesse morire senza aver effettuato il secondo ritiro, ciò non è grave. La pietra ammorbidita continuerà ad essere lavorata su altri piani. Per questo primo ritiro, Cagliostro utilizza dei metodi di cui ritroviamo tracce dall’antico Egitto.La seconda tappa: la rigenerazione del corpoCosì guidato, l’iniziato può intraprendere il secondo ritiro di 40 giorni. In primavera, in occasione del plenilunio di maggio, si isola nuovamente. Si attiene ad un regime alimentare sano e frugale. Ogni giorno assume certe sostanze preparate secondo procedimenti alchemici tutto sommato piuttosto semplici. Sudorazioni ed altri processi di eliminazione gli consentiranno di evacuare gli umori viziati. I sette angeli primitivi sono «i sette Spiriti presenti davanti al trono di Dio». Questi sette angeli erano noti al giudaismo ed al cristianesimo più antico (Tobia 12, 15). L’autore dell’Apocalisse parla dei sette Spiriti presenti davanti al trono di Dio (1, 4), dei «sette Spiriti di Dio in missione su tutta la terra» (5, 6), dei «sette Spiriti di Dio e delle sette stelle» (3, 1), vede sette lampade di fuoco (1, 12), i sette Spiriti di Dio ardere davanti al suo trono (4, 5), i «sette Angeli disposti davanti a Dio» (8, 2). Soltanto Michele (o Michael), Gabriele e Raffaele sono nominati nelle Scritture. Un quarto, Uriel, è citato nelle letteratura ebraica. Per gli altri esistono numerose varianti. I nomi riportati da Cagliostro sono: Anael, Zobiacel, Anachiel. Secondo Agrippa a cui Cagliostro fa riferimento a più riprese, i loro nomi e corrispondenze planetarie sono i seguenti: Zaphkiel (Saturno), Zadkiel (Giove), Camael (Marte), Raphael (Sole), Haniel (Venere), Michael (Mercurio) e Gabriel (Luna).È a questo punto che si opera in lui una vera trasformazione. Pelle, denti, unghie, capelli si rigenerano. Ciò gli consente di prolungare la sua esistenza. Non per diventare immortale nel corpo, ma per disporre del tempo necessario per ripassare dal biologico allo spirituale.Cagliostro non ha inventato questi procedimenti. Fino ad allora riservati a piccoli cenacoli aristocratici molto chiusi, li ha resi accessibili integrandoli nel suo rito massonico. Ma, cosa ancora più stupefacente, ho ritrovato una pratica identica alla sua in un antico testo di alchimia indiana. Siccome Cagliostro non ha mai messo piede in India e non conosceva il sanscrito, ciò indica che queste tecniche proseguono il loro cammino in ogni tempo, in ogni luogo, al riparo da sguardi indiscreti.Ai nostri giorniNon ho mai inteso parlare di tutto questo!Capisco lo sbalordimento del massone che leggerà queste righe. Nessuno gli ha parlato di queste tecniche. Peggio, se si interessava di ermetismo, i suoi istruttori gli avranno ripetuto che tali pratiche non erano mai esistite in massoneria. Lo so; è anche quello che mi è stato detto. Fin quando non sono andato a guardare più da vicino.Alcuni villaggi gallici resistono ancora Scopersi ciò che mi era stato nascosto. Vidi come interi pezzi della storia massonica sono stati epurati, ripuliti, laicizzati. Scopersi poi che piccoli cerchi discreti e coraggiosi conservano accesa la fiaccola. Vilipesi, attaccati da una massoneria imborghesita che tenta di recuperarli snaturandoli. Benché pressioni dall’esterno e certe umane debolezze talvolta li destabilizzino, questi cerchi hanno un merito: esistono. Come ricordano le Scritture, vale di più un cane vivo che un leone morto.Desideravo rivelare l’esistenza di questi insegnamenti a tutti gli uomini di buona volontà, massoni e non. Con questo spirito, e con il consenso dei più alti responsabili di alcune di queste discendenze, ho pubblicato Secrets de la franc-maçonnerie égyptienne.

giovedì 24 febbraio 2011

«Riunire ciò che è sparso»



 A proposito del Ming-tang e della Tien-ti-Huei,  si parla di una formula massonica secondo la quale il compito dei Maestri consiste nel «diffondere la luce e riunire ciò che è sparso». Di fatto, l’accostamento riguardava soltanto la prima parte della formula;2 in quanto alla seconda, che può sembrare più enigmatica, siccome essa ha nel simbolismo tradizionale notevolissime connessioni, ci sembra interessante fornire su questo punto alcune indicazioni.
Per capire nel modo più completo possibile la cosa, conviene innanzitutto riferirsi alla tradizione vêdica, che è più esplicita di altre a tale riguardo: secondo essa, infatti, “ciò che è sparso” sono le membra del Purushaprimordiale che fu diviso nel primo sacrificio compiuto dai Dêva all’inizio dei tempi, e da cui nacquero, grazie a tale divisione, tutti gli esseri manifestati.3
È evidente che si tratta di una descrizione simbolica del passaggio dall’unità alla molteplicità, senza di cui non potrebbe effettivamente esserci alcuna manifestazione; e ci si può già rendere conto così che la “riunione di ciò che è sparso”, o la ricostituzione del Purusha quale esso era “prima dell’inizio”, se è consentito esprimersi così, cioè nello stato non-manifestato, non è altro che il ritorno all’unità principiale. Purusha è identico a Prajâpati, il “Signore degli esseri prodotti”, essendo questi ultimi tutti derivati da lui e di conseguenza considerati quasi come la sua “progenie”;4 è anche Vishwakarma, cioè il “Grande Architetto dell’Universo”, e, in quantoVishwakarma, è lui a compiere il sacrificio pur essendone nello stesso tempo la vittima;5 e, se si dice che è sacrificato dai Dêva, ciò non comporta in realtà alcuna differenza, poiché i Dêva non sono in definitiva nient’altro che le “potenze” che egli porta in se stesso.6
Abbiamo già detto a varie riprese che ogni sacrificio rituale dev’essere considerato un’immagine di questo primo sacrificio cosmogonico; e sempre in ogni sacrificio, come ha fatto notare Coomaraswamy, «la vittima, come mostrano con evidenza i Brâhmana, è una rappresentazione del sacrificante, o, come dicono i testi, è il sacrificante stesso; in accordo con la legge universale secondo cui l’iniziazione (dîkshâ) è una morte e una rinascita, è evidente che l’«iniziato è l’oblazione» (Taittiriya Samhitâ, VI, 1, 4, 5), «la vittima è sostanzialmente il sacrificante stesso» (Aitarêya Brâhmana, II, 11)».7 Questo ci riporta direttamente al simbolismo massonico del grado di Maestro, nel quale l’iniziato si identifica effettivamente con la vittima; si è d’altronde spesso insistito sui rapporti fra la leggenda di Hiram e il mito di Osiride di modo che, quando si tratta di “riunire ciò che è sparso”, si può immediatamente pensare a Iside che riunisce le membra disperse di Osiride; ma in fondo la dispersione delle membra di Osiride è appunto identica a quella delle membra di Purusha o di Prajâpati: sono soltanto, si potrebbe dire, due versioni della descrizione del medesimo processo cosmogonico in due forme tradizionali diverse. È vero che nel caso di Osiride e in quello di Hiram non si tratta più di un sacrificio, almeno esplicitamente, ma di un assassinio; ma questo non cambia nulla essenzialmente, poiché è la medesima cosa considerata sotto due aspetti complementari, come sacrificio sotto l’aspetto “dêvico” e come assassinio sotto l’aspetto “asurico”;8 ci accontentiamo di segnalare questo punto di sfuggita, perché non potremmo insistervi senza addentrarci in argomentazioni troppo circostanziate ed estranee al problema che ora stiamo trattando.
Sempre allo stesso modo, nella Cabala ebraica, per quanto non si parli più propriamente né di sacrificio né di assassinio, ma piuttosto di una specie di “disintegrazione” le cui conseguenze sono del resto le stesse, è dalla frammentazione del corpo dell’Adam Qadmon che si è formato l’Universo con tutti gli esseri che contiene, di modo che questi ultimi sono quasi particelle di tale corpo, e la loro “reintegrazione” nell’unità appare come la ricostituzione stessa dell’Adam Qadmon. Esso è l’“Uomo Universale”, e Purusha, secondo uno dei significati di questa parola, è pure l’“Uomo” per eccellenza; si tratta quindi esattamente della stessa cosa. Aggiungiamo a questo proposito, prima di procedere, che poiché il grado di Maestro rappresentava, almeno virtualmente, il termine dei “piccoli misteri”, bisogna quindi considerare in questo caso propriamente la reintegrazione al centro dello stato umano; ma è noto che lo stesso simbolismo è sempre applicabile a livelli diversi, in virtù delle corrispondenze che esistono fra di essi,9 di modo che lo si può riferire sia a un mondo determinato, sia a tutto l’insieme della manifestazione universale; e la reintegrazione nello “stato primordiale”, che è d’altronde anche “adamico”, è quasi una figura della reintegrazione totale e finale, per quanto essa sia ancora solo, in realtà, una tappa sulla via che vi conduce.
Nello studio che abbiamo citato sopra, A.K. Coomaraswamy dice che «l’essenziale, nel sacrificio, è in primo luogo dividere, e in secondo luogo riunire»; esso comporta dunque le due fasi complementari della “disintegrazione” e della “reintegrazione” che costituiscono il processo cosmico nel suo complesso: il Purusha, «essendo uno, diventa molti, ed essendo molti, ridiventa uno». La ricostituzione del Purusha è operata simbolicamente, in particolare, nella costruzione dell’altare vêdico, che comprende nelle sue diverse parti una rappresentazione di tutti i mondi;10 e il sacrificio, per essere compiuto correttamente, richiede una cooperazione di tutte le arti, il che assimila il sacrificante a Vishwakarma stesso.11 d’altra parte, poiché si può considerare che ogni azione rituale, cioè in definitiva ogni azione veramente normale e conforme all’“ordine” (rita), sia dotata di un carattere in certo modo “sacrificale”, secondo il senso etimologico di questa parola (da sacrum facere), quel che è vero per l’altare vêdico lo è anche, in una certa maniera e in una certa misura, per ogni costruzione edificata conformemente alle regole tradizionali, poiché quest’ultima procede sempre in realtà da uno stesso “modello cosmico”, come abbiamo spiegato in altre occasioni.12 Si vede ,come ciò sia in diretto rapporto con un simbolismo “costruttivo” come quello della massoneria; e d’altronde, anche nel senso più immediato, il costruttore riunisce effettivamente dei materiali sparsi per farne un edificio che, se è veramente quel che dev’essere, avrà un’unità “organica”, paragonabile a quella di un essere vivente, se ci si pone dal punto di vista microcosmico, o a quella di un mondo, se ci si pone dal punto di vista macrocosmico.
Per concludere, ci resta ancora da parlare un poco di un simbolismo d’altro genere, che può sembrare assai diverso nelle sue apparenze esteriori, ma è nondimeno, in fondo, equivalente nel significato: si tratta della ricostituzione di una parola a partire dai suoi elementi letterali presi dapprima isolatamente.13 Per comprenderlo, bisogna ricordarsi che il vero nome di un essere non è altro, dal punto di vista tradizionale, che l’espressione della sua essenza stessa; la ricostituzione del nome equivale quindi, simbolicamente, alla ricostituzione dell’essere stesso. È anche noto il ruolo che svolgono le lettere in un simbolismo come quello della Cabala riguardo alla creazione o alla manifestazione universale; si potrebbe dire che questa è formata dalle lettere separate, che corrispondono alla molteplicità dei suoi elementi, e che, riunendo tali lettere, la si riconduce per ciò stesso al suo Principio, sempre che la riunione venga operata in modo da ricostituire effettivamente il nome del Principio.14 Da questo punto di vista, “riunire ciò che è sparso” è lo stesso che “ritrovare la Parola perduta”, poiché, in realtà, e nel suo senso più profondo, tale “Parola perduta” non è altro che il vero nome del “Grande Architetto dell’Universo”.

A PROPOSITO DEI COSTRUTTORI DEL MEDIOEVO






Un articolo di Armand Bédarride, apparso nel numero di maggio 1929 de Le Symbolisme, e del quale abbiamo già parlato nelle nostre recensioni delle riviste, ci sembra possa dar luogo ad alcune utili riflessioni. Questo articolo, intitolato Les Idées des nos Précurseurs, tratta delle corporazioni del Medioevo, viste come le trasmettitrici del loro spirito e delle loro tradizioni alla Massoneria moderna.
Innanzi tutto, notiamo che la distinzione fra «Massoneria operativa» e «Massoneria speculativa» ci sembra debba essere intesa in un senso del tutto diverso da quello che ordinariamente le viene attribuito. In effetti, molto spesso ci si immagina che i Massoni «operativi» fossero solo dei semplici operai o artigiani, e niente di più, e si pensa che il simbolismo, nei suoi significati più o meno profondi, sia sopraggiunto solo tardivamente, in seguito all’ammissione nelle organizzazioni corporative di persone estranee all’arte del costruire. Questo, comunque, non è il caso di Bédarride, il quale invece cita un gran numero d’esempi, in particolare nei monumenti religiosi, di figure il cui carattere simbolico è incontestabile; in particolare egli parla delle due colonne della cattedrale di Würtzbourg, «che provano ‑ dice ‑ che i Massoni costruttori del XIV secolo praticavano un simbolismo filosofico», il che è esatto, ma, è ovvio, solo a condizione che lo si intenda nel senso di «filosofia ermetica» e non secondo l’accezione corrente; poiché allora si tratterebbe semplicemente della filosofia profana, la quale, fra l’altro, non ha mai fatto uso di un simbolismo qualunque. Gli esempi si potrebbero moltiplicare indefinitamente: la stessa pianta delle cattedrali è eminentemente simbolica, come abbiamo avuto modo di sottolineare in altre occasioni; e occorre aggiungere che, fra i simboli usati nel Medioevo, oltre a quelli di cui i Massoni moderni hanno conservato il ricordo, pur non comprendendone più il significato, ce ne sono molti altri di cui essi non hanno la minima idea1.
Secondo noi, occorre andare in qualche modo contro l’opinione corrente e considerare la «Massoneria speculativa», sotto molti aspetti, come una degenerazione della «Massoneria operativa». In effetti, quest’ultima era veramente completa nel suo ordine, dal momento che possedeva insieme la teoria e la pratica corrispondente; e questa sua denominazione, sotto questo aspetto, può essere intesa come un’allusione alle «operazioni» dell’«arte sacra», di cui la costruzione secondo le regole tradizionali era una delle applicazioni. Quanto alla «Massoneria speculativa», che d’altronde è nata nel momento in cui le corporazioni di costruttori erano in piena decadenza, la sua denominazione indica molto chiaramente che essa è limitata alla «speculazione» pura e semplice, vale a dire ad una teoria senza alcuna realizzazione; e certamente sarebbe un errore dei più strani se si volesse considerare un tal fatto come un «progresso». Se si fosse trattato solo di un impoverimento, il male non sarebbe poi così grande com’è in realtà, ma, come abbiamo detto più volte, all’inizio del XVIII secolo si è verificata in più una vera deviazione al momento della costituzione della Gran Loggia d’Inghilterra, la quale fu il punto di partenza di tutta la Massoneria moderna. Per il momento non insisteremo oltre, ma teniamo a sottolineare che, se si vuol comprendere veramente lo spirito dei costruttori del Medioevo, queste osservazioni sono del tutto essenziali; diversamente ci se ne fa un’idea falsa o, quanto meno, molto incompleta.
Un’altra idea che è altrettanto importante rettificare, è quella secondo la quale l’impiego di forme simboliche sarebbe stato semplicemente imposto da ragioni di prudenza. Che, talvolta, queste ragioni siano esistite non lo contestiamo, ma si tratta solo dell’aspetto più esteriore e meno interessante della questione; lo abbiamo già detto a proposito di Dante e dei «Fedeli d’Amore»2, e lo possiamo ripetere per ciò che riguarda le corporazioni dei costruttori, tanto più che han dovuto esserci dei legami molto stretti fra tutte queste organizzazioni, molto diverse in apparenza, ma tutte partecipi delle stesse conoscenze tradizionali3. Ora, il simbolismo è precisamente il modo d’espressione normale delle conoscenze di questo tipo, ed è questa la sua vera ragion d’essere, in tutti i tempi ed in tutti i paesi, anche lì ove non vi è proprio nulla da dissimulare; e questo, molto semplicemente, perché vi sono delle cose che, per loro stessa natura, non possono esprimersi altrimenti che sotto tale forma.
L’errore di cui si tratta, che si commette troppo spesso e di cui ritroviamo in un certo modo l’eco nell’articolo di Bédarride, ci sembra avere due cause principali: la prima è che, generalmente, si conosce molto male in che cosa consistesse il Cattolicesimo del Medioevo. Non bisogna dimenticare che, come vi è un esoterismo musulmano, all’epoca vi era anche un esoterismo cattolico, vale a dire un esoterismo che aveva il suo punto d’appoggio nei simboli e nei riti della religione cattolica e che si sovrapponeva a questa senza opporvisi in alcun modo; non c’è dubbio che certi ordini religiosi furono ben lontani dall’essere estranei a tale esoterismo. Se la tendenza della maggior parte dei Cattolici attuali è di negare l’esistenza di queste cose, ciò prova solamente che essi non sono meglio informati, a proposito, del resto dei nostri contemporanei.
La seconda causa dell’errore in questione consiste nel fatto di immaginare che ciò che si nasconde sotto i simboli siano quasi unicamente delle concezioni sociali o politiche4, in realtà si tratta di ben altro. Le concezioni di questo genere, agli occhi di coloro che possedevano certe conoscenze, potevano avere solo un’importanza parecchio secondaria, quella di una possibile applicazione fra tante altre; e aggiungiamo anche che ovunque hanno finito con l’occupare uno spazio troppo grande e col diventare predominanti, esse sono state invariabilmente una causa di degenerazione e di deviazione5. E non è esattamente questo che ha fatto perdere alla Massoneria moderna la comprensione di ciò che essa conserva ancora dell’antico simbolismo e delle tradizioni di cui sembra essere, bisogna ben dirlo, malgrado tutte le sue insufficienze, l’unica erede nel mondo occidentale? Se ci si obietta che, a riprova delle preoccupazioni sociali dei costruttori, esistono le figure satiriche e più o meno licenziose che si riscontrano talvolta nelle loro opere, è facile rispondere: queste figure sono destinate, soprattutto, a confondere i profani, i quali si fermano all’apparenza e non riescono a cogliere quello che di più profondo esse dissimulano. D’altronde, si tratta di qualcosa che è ben lungi dall’essere specifico dei costruttori; certi scrittori, come Boccaccio e Rabelais soprattutto, e molti altri ancora, hanno adottato la stessa finzione ed hanno usato lo stesso procedimento. C’è da credere che questo stratagemma sia ben riuscito, poiché ancora oggi, e senza dubbio più che mai oggi, i profani continuano a cascarci.
Se si vuole andare in fondo alla questione, occorre vedere nel simbolismo dei costruttori l’espressione di alcune scienze tradizionali, che si riallacciano a quello che, in maniera generale, si può indicare col nome di «ermetismo». Ora, dal momento che noi parliamo qui di «scienze», attenzione a non pensare che si tratti di qualcosa di paragonabile alla scienza profana, la sola conosciuta da quasi tutti i moderni; e sembra che una tale assimilazione traspaia anche in Bédarride, il quale parla di «forma mutevole delle conoscenze positive della scienza», il che si adatta propriamente ed esclusivamente alla scienza profana; e che, prendendo alla lettera delle immagini puramente simboliche, crede di scoprirvi delle idee «evoluzioniste» ed anche «trasformiste», idee che sono in totale contraddizione con ogni dato tradizionale. Già in molti nostri lavori abbiamo sviluppato a lungo la distinzione essenziale fra la scienza sacra o tradizionale e la scienza profana, e quindi non pensiamo di ripetere qui tutte quelle considerazioni, non di meno abbiamo ritenuto opportuno richiamare una volta di più l’attenzione su questo punto capitale.
E concludiamo in breve: non è senza ragione che Giano, presso i Romani, fosse insieme il dio dell’iniziazione ai misteri e il dio delle corporazioni di artigiani; e non è parimenti senza ragione che i costruttori del Medioevo conservassero le due feste solstiziali dello stesso Giano, feste divenute, col Cristianesimo, quelle dei due San Giovanni, d’inverno e d’estate; e quando si conosca il nesso esistente fra San Giovanni e l’aspetto esoterico del Cristianesimo, non si comprende immediatamente che in effetti si tratta sempre della stessa iniziazione ai misteri, pur celata sotto un nuovo adattamento richiesto dalle circostanze e dalle «leggi cicliche»?

1. Ultimamente, abbiamo avuto modo di rilevare, nella cattedrale di Strasburgo e in altri edifici dell’Alsazia, un gran numero di marchi di tagliatori di pietra, i quali risalgono ad epoche diverse, dal XII secolo fino all’inizio del XVII secolo; fra questi marchi ve ne sono alcuni molto curiosi, in particolare abbiamo ritrovato lo swastika, al quale allude Bédarride, in una delle torrette del campanile di Strasburgo.
2. Si veda Le Voile d’Isis, febbraio 1929. (Si tratta dell’art. Il Linguaggio Segreto di Dante e dei Fedeli d’Amore, oggi raccolto, come capp. IV e V, in Considerazioni sull’Esoterismo Cristiano, Arktos, Carmagnola ‑ n.d.t.).
3. I Compagnoni del «Rito di Salomone» hanno conservato fino ad oggi il ricordo del loro legame con l’Ordine del Tempio.
4. Questo modo di vedere le cose è, in gran parte, quello di Aroux e di Rossetti per ciò che riguarda l’interpretazione di Dante, e lo si riscontra anche in molti passi della Storia della Magia di Éliphas Levi.
5. In merito, è molto eloquente l’esempio di certe organizzazioni musulmane, in cui le preoccupazioni politiche hanno soffocato, in qualche modo, la originaria spiritualità.

L'ANTIMASSONERIA CATTOLICA

Sull'antimassoneria (e in particolare su quella di stampo cattolico) segnaliamo questa disamina del F.llo Vittorio Vanni:

http://www.base.it/progettodomani/antimassoneria/Vanni_L'antimassoneria2.pdf 

L'ANTIMASSONERIA MARXISTA

Non ci sono solo le componenti cattoliche e quelle di stampo fascista nella storia dell'antimassoneria. In questo articolo di Marco Novarino viene analizzata l'antimassoneria marxista:

http://www.granloggia.it/GLDI/GetDoc.aspx/658/Antimassoneria_marxista.pdf 

ANTIMASSONERIA FASCISTA






Interessante articolo dello storico Marco Novarino sull'antimassoneria di stampo fascista:

http://www.granloggia.it/GLDI/GetDoc.aspx/657/Antimassoneria_fascista.pdf 

LA CIRCOLARE DEL PNF CONTRO LA MASSONERIA







Prima ancora che il 16 maggio 1925 il Parlamento Italiano fascistizzato approvasse la Legge contro la Massoneria, il 14 aprile dello stesso anno il Partito Nazionale Fascista aveva emanato una circolare in cui tracciava le modalità di lotta contro l'Istituzione Liberomuratoria; eccone il testo integrale:

http://www.hyssopus.org/cms/files/Circolare.pdf 

STORIA DELLA MASSONERIA IN TURCHIA






Breve ma interessante saggio (in inglese) del F.llo Celil Laylktez che ripercorre le tappe salienti della storia della Massoneria in Turchia:

http://eng.mason.org.tr/index.php?option=com_content&task=view&id=17&Itemid=31 

mercoledì 23 febbraio 2011